Patto di non concorrenza, cosa succede in caso di violazione?

Patto di non concorrenza, cosa succede in caso di violazione?

Il patto di non concorrenza è un accordo scritto tra il datore di lavoro e il dipendente, che limita l’attività professionale di quest’ultimo dopo la fine del rapporto di lavoro. In caso di violazione è utile rivolgersi a un’agenzia investigativa

Il mondo degli affari è caratterizzato da una concorrenza spietata, in cui le imprese lottano per attirare clienti e guadagnare una fetta di mercato. In questo contesto, il patto di non concorrenza è diventato uno strumento sempre più diffuso per proteggere gli interessi delle aziende.

Il suo obiettivo principale è, infatti, preservare i segreti commerciali, la clientela e la proprietà intellettuale dell’azienda, garantendo una protezione adeguata.

Cos’è il patto di non concorrenza

Il patto di non concorrenza è un accordo scritto tra il datore di lavoro e il dipendente, che limita l’attività professionale di quest’ultimo dopo la fine del rapporto di lavoro. Ovviamente ciò non può pregiudicare l’attività futura del lavoratore o limitare lo sviluppo della sua professionalità.


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In sostanza, con questo accordo l’imprenditore si impegna a corrispondere al lavoratore una somma di denaro a fronte dell’impegno a non svolgere attività concorrenziali per un certo periodo di tempo successivo alla cessazione del contratto. Può essere stipulato al momento dell’assunzione, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro o al termine.

Disciplinato dall’art. 2105 del c.c., costituisce un accordo a sé stante, distinto dal rapporto contrattuale. La norma, che riguarda esclusivamente il rapporto di lavoro subordinato, ha quindi lo scopo di consentire alle imprese di tutelarsi nei confronti della concorrenza.

Quali caratteristiche deve avere il patto di non concorrenza

Perché un patto di non concorrenza sia valido e applicabile, deve soddisfare alcune caratteristiche chiave e deve essere ragionevole nelle sue limitazioni, considerando fattori come la durata del patto, l’ambito geografico e le restrizioni specifiche imposte.

Ecco i requisiti che deve avere per essere valido:

  • forma scritta. Il patto di non concorrenza deve essere redatto in forma scritta e firmato da entrambe le parti coinvolte, cioè l’azienda e l’individuo. La forma scritta è essenziale per garantire la chiarezza delle disposizioni e delle restrizioni stabilite
  • ambito geografico e temporale. L’ambito geografico deve essere ragionevole e proporzionato agli interessi legittimi dell’azienda. Per quanto riguarda la durata, l’art. 2125 fornisce indicazioni precise soltanto rispetto ai limiti di durata del patto, che non può eccedere i cinque anni per i dirigenti e i tre anni per gli altri lavoratori
  • oggetto. Il patto può riguardare qualunque tipo di attività autonoma o subordinata che possa nuocere all’azienda. Può non essere limitato alle sole mansioni svolte dal lavoratore, ma estendersi a qualsiasi attività in concorrenza con quella del datore di lavoro. La clausola deve essere specifica e definita in modo da evitare ambiguità o interpretazioni ambigue
  • corrispettivo. La misura e le modalità di corresponsione del corrispettivo sono stabiliti autonomamente delle parti, ma deve essere congruo rispetto al sacrificio richiesto al lavoratore, a pena di nullità del patto stesso. Il compenso si determina in base alla posizione e alla retribuzione del lavoratore, all’ampiezza del territorio, alla durata del patto e alle attività concorrenti individuate.

Cosa fare in caso di violazione del patto di non concorrenza

Il patto di non concorrenza può essere sciolto soltanto con il consenso di entrambe le parti. Sono, quindi, nulle le clausole che affidino la possibilità di risoluzione al solo datore di lavoro.

In caso di violazione bisogna distinguere due casi. Se è il datore di lavoro a violarlo, l’altra parte può agire in giudizio per ottenere il corrispettivo e per risolvere il patto.


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In caso di violazione da parte del dipendente, invece, il datore può chiedere la restituzione del corrispettivo pagato e il risarcimento dei danni subiti a causa dell’attività svolta dall’ex dipendente in concorrenza. Qualora il datore ritenga che sussista un pericolo immediato può chiedere al Tribunale un provvedimento di urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c., finalizzato a bloccare l’attività concorrenziale.

L’azienda deve, ovviamente, dimostrare l’effettiva violazione del patto, un’operazione che può risultare molto complessa. Per raccogliere tutte le prove necessarie, il datore può avvalersi di un’agenzia investigativa, come Revela, autorizzata a svolgere indagini e accertamenti per dimostrare il mancato rispetto del patto.

La finalità delle indagini è quella di raccogliere prove valide e lecite della violazione del patto per permettere all’azienda di intraprendere un’azione legale per il risarcimento danni.

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